A Ponte Ruffio di Cesena il 18 agosto 1944 furono fucilati otto giovani renitenti alla leva: Arnaldo Gaza, Romano Giorgetti, Dino Liverani, Dino Ricci, Giuseppe Poggiali, Angelo Prodi, Akim Sascia e Guglielmo Zanuccoli.
In quella zona, e in tutto il Cesenate, l’azione di repressione del movimento partigiano fu prevalentemente condotta dal battaglione “M” Venezia Giulia e dai fascisti locali guidati dal segretario Guido Garaffoni. A questi ultimi è da attribuire gran parte della responsabilità nella strage dell’estate 1944.
I renitenti uccisi a Ponte Ruffio si erano da poco uniti all’8a brigata Garibaldi Romagna. Fino a metà luglio, infatti, erano stati di stanza al semaforo militare marittimo di Cesenatico-Porto Corsini. Quando questo venne smantellato, i giovani marinai decisero di disertare per non doversi trasferire al Nord. Il maresciallo Poggiali, responsabile del gruppo, prese allora contatto con i partigiani Dino Ricci e Giordano Fariselli di Cesenatico. Il 18 agosto si trasferì con i suoi uomini nella casa del colono Pieri, nei pressi di Ponte Ruffio, dove attesero invano la staffetta. Nel frattempo, i fascisti avevano arrestato Fariselli e, sottopostolo a torture, avevano da lui appreso le modalità di trasferimento dei giovani alla brigata. Da Cesena partirono una trentina di fascisti guidati da Garaffoni. Circondata la casa di Pieri, fecero uscire il gruppo che fu avviato verso il ponte e lì sterminato a colpi di mitra. Gino Gusella, fintosi morto sotto i corpi dei suoi compagni, si salvò e testimoniò la strage. A ricordo degli uccisi si trova oggi una lapide collocata in corrispondenza della Rotonda Martiri di Ponte Ruffio.