Uno dei maggiori problemi legati alla guerra era quello alimentare.
Formalmente esistevano le tessere annonarie, che potevano essere ritirate agli uffici allocati in Via Carducci e garantivano razioni, seppur minime, di cibo; tuttavia il commercio in nero dei viveri era all’ordine del giorno. Per tentare di risolvere almeno parzialmente il problema, a partire dalla primavera del 1944 il Dopolavoro provinciale istituì alcune mense “sociali”. Una di queste, la cosiddetta “mensa dell’impiegato”, fu organizzata all’interno del Convitto nazionale “Maria Luigia”.
Il refettorio offriva, a impiegati e dipendenti statali, un pasto al prezzo fisso di 13 lire: i commensali avevano diritto a un piatto di minestra, a un secondo con contorno, alla frutta o a una razione di marmellata, se disponibile.
Al sussidio giornaliero erano ammessi anche i sinistrati più poveri: a questi, che dovevano presentare stato di famiglia, certificato di sinistro e di povertà rilasciati dal Comune, venivano offerti pasti dalle 3 alle 8 lire. Un secondo refettorio, la “mensa B” aperta a tutta la popolazione e non ai soli impiegati pubblici, fu poi realizzato in Oltretorrente, nei locali della Casa della Madre e del Fanciullo.