La zona tra Pideura e Celle fu difesa tenacemente dai tedeschi, perché se fossero state conquistate dagli Alleati, questi avrebbero avuto libero accesso alla pianura[1].
«Dall’andamento delle operazioni militari di questi giorni si arguisce che i punti fortificati dai tedeschi per la tenuta di Faenza erano le posizioni di Montefortino e delle Pideura, dove sono accaduti sanguinosi scontri[2]»
Uno sguardo d'insieme
La conquista della zona di Pideura avvenne dopo una serie di scontri:
Gli alleati prendono Pideura
Superato il Lamone, i soldati alleati, approfittando della carenza di materiali e di uomini tra i tedeschi, cercarono di impadronirsi delle colline di Celle, riuscendo nell’intento[1]. Dopo questa missione, tentarono un attacco a Pideura (luogo strategico, ben difendibile). La notte del 5 dicembre, riuscirono ad occuparla, ma i tedeschi non si arresero.
Visto l’evolversi della situazione «Il comando della 10° Armata tedesca, constata la difficoltà della 305° Divisione di tenere la posizione sui crinali sopra Celle, dispose l’invio della 90° Divisione Panzer Grenadier che si trovava a riposo nei pressi di Bologna. Nella mattina dell’8 dicembre arrivarono i primi reparti della 90° che la mattina del giorno successivo contrattaccarono le posizioni alleate[1]». In quei giorni gli scontri si susseguirono ma, nonostante diversi bombardamenti e attacchi di artiglieria che riempirono la zona di crateri, Pideura rimase in mano agli alleati[2].
I combattimenti continuarono nei giorni seguenti. Come hanno scritto Casadio e Valli: «La natura collinosa del terreno rendeva molto difficile l'impiego dei mezzi corazzati, lasciando il peso dei combattimenti alla fanteria. Negli scontri si misero in evidenza i reparti Sikh e Gurkha che erano addestrati per il combattimento in terreno montagnoso.
Alcuni soldati Sikh si distinsero per il coraggio, in particolare il caporale Sohan Sing del 3° battaglione del 1° reggimento Punjab, che aveva ricevuto il compito di catturare con il suo plotone Casa Pozzo nei pressi di Pergola, nella notte tra l’8 ed il 9 dicembre. I Sikh si avvicinarono, confidando nell’effetto sorpresa, ma dalla casa, presidiata dalla fanteria tedesca, partì un intenso fuoco di mitragliatrici e fucileria.
Il caporale decise quindi di attaccare frontalmente, portando i suoi uomini all’assalto sul terreno fangoso, incurante del fuoco nemico. L’azione ebbe successo e Sohan Sing, nonostante fosse stato ferito, riuscì a consolidare in breve tempo la posizione, riuscendo così a respingere un contrattacco tedesco. Per questa azione fu decorato con la Military Medal, una delle massime decorazioni inglesi al valore militare. Il battaglione a cui apparteneva Sohan Sing perse, nell’area di Pergola-Pideura, in sole 48 ore, 88 uomini tra morti e feriti[3]».
Il diario di Michelina Pasini
Tante le testimonianze di quei giorni, pochissime sono purtroppo di prima mano. Michelina Pasini riporta il racconto di alcuni contadini residenti alla Paventa, un casa colonica della zona:
«[I contadini della Paventa, Giuseppe e Maddalena] Ci hanno fatto una descrizione di cose terrificanti; di quello che hanno passato e visto. Erano in sette nel rifugio vicino alla stalla, quando infuriò la mischia, dopo le 23 di venerdì, e che durò più di un’ora. Anche la chiesa della Pideura colle cannonate è andata quasi completamente distrutta. Nel scendere in cantina, sentiamo delle cannonate di partenza a più o meno distanza[1]».
Anche il medico Collina Graziani riporta notizie su quei giorni nel proprio diario:
«5 dicembre: La 90 Divisione granatieri tedesca ha sferrato l’attacco dalla Pideura con carri armati contro le posizioni inglesi di Montecchio.
6 dicembre: La 25 Divisione indiana ha conquistato collina della Pideura […].
7 dicembre: […] Per riconquistare il colle della Pideura violento attacco tedesco.
8 dicembre: […] Nuovo attacco tedesco alla Pideura che resiste.
11 dicembre: […] Nonostante ripetuti attacchi il colle della Pideura resta in mani alleate[2]».
I ricordi di Ettore
Sicuramente era in loco il piccolo Ettore Foschi che riassume in maniera molto concisa i propri ricordi:
«La battaglia delle Pideura ebbe trenta morti tedeschi, 22 uccisi dal fuoco amico, più i fucilati. Gli Alleati persero un aereo abbattuto alle “Casette” che vedemmo precipitare e un carro armato con servente; di altre perdite umane civili non sappiamo, se non l’uccisione di Giâna, l’arzdôr di Monte Coralli, ucciso con una raffica attraverso la porta. Un tragico errore: l’azionamento del catenaccio, come spiegò il gurka che aveva sparato, assomigliava troppo al rumore di armamento di una mitragliatrice![1]»
IMMAGINE
Pideura liberata
Nella notte del 16 dicembre il 23° battaglione raggiunse la riva destra del Senio. Il battaglione ebbe 7 morti e 30 feriti.
Nei pressi del battaglione, una casa di civili fu occupata da militari tedeschi. I soldati si rifiutarono di liberare la casa (...”non ci sembra bello che lasciate fare a noi la liberazione, dato che non si tratta del nostro paese”).
Sostenendo che i civili dovevano imparare a farsi giustizia da soli, decisero di cercare dei volontari e, dopo tante richieste rifiutate, si proposero due ragazzi quindicenni, che ignorarono i consigli delle madri offrendo le loro vite per salvarne altre.
Si trovarono ben quattro volontari disposti ad affrontare gli occupanti tedeschi. I neozelandesi, accusati di aver mandato dei civili al suicidio, vennero biasimati per questa azione; con gran stupore di tutti, i volontari tornarono indietro sani e salvi, con un soldato tedesco prigioniero, sfregiato in viso e sul corpo.
I soldati gli diedero cibo e acqua, ordinando ai civili di portarlo a un centro medico, minacciandoli di morte se il tedesco non vi fosse arrivato vivo[1].
IMMAGINE
Il diario di Don Scolastico
Il resoconto più drammatico di quei giorni viene fatto da Don Scolastico Berardi che scrisse:
«Fatto giorno, ci desta un gran movimento di gente e di mezzi: nuovi rumori, ma non più spari.
Sono gli inglesi, ci sentiamo liberi, quasi ci esaltiamo, e pensiamo: “Finalmente, tutto è finito!”. Troppo presto. Alle 8 circa, tutta la casa era invasa da un formicolio di soldati di vari colori e di varie stature.
Usciamo, finalmente, fuori di casa. Io e mio cognato, Giuseppe Longanesi, illusi e incoscienti, pensavamo di poter andare tranquillamente dove ci pareva e ci incamminammo verso Pideura. Sole e aria libera, anche se fresca: ci pareva di sognare.
Ma che spettacoli ci aspettavano. Da Ca di Zài in avanti, soldati morti ad ogni passo. Attraversiamo una zona, senza sospettare che fosse minata. Ce ne avvertono dalla porta di casa quelli dei Clumbéra. Pochi minuti prima, il loro babbo, mi pare Pietro Merendi, incappato in una mina, era rimasto completamente sfracellato. In un angolo di quell’aia, notai un gruppo di sette, otto soldati incappottati, dormienti: “Sono morti”, mi dicono.
Sulla strada passa una camionetta con soldati inglesi. Un ufficiale ci fa segno di girare bassi, perché possiamo essere facili bersagli dei tedeschi, fermi subito di là dal Senio.
[…]. Continuiamo verso Pideura.
Impossibile descrivere l’orrore di quella strada. Da tutte le parti, uomini e animali morti… una buca con cinque soldati sfracellati, una testa in cui manca la calotta del cranio, brandelli di carne sulla siepe del cimitero di Pideura. Animali morti e gonfi, carri armati fuori uso, un fetore insopportabile.
Arriviamo a Pideura: soltanto rovine. In cima ad un ammasso di macerie, c’è un giovane ufficiale inglese che, col cannocchiale, scruta verso Castelbolognese. Domandiamo notizie dell’arciprete, don Adamo Caroli. Ci dice: “Niente sapere, forse qui sotto…”.
Ci accorgiamo, allora, che siamo sulle macerie della canonica di Pideura (sapremo poi che don Caroli, alcuni giorni prima, era riuscito ad attraversare la linea del fuoco e a rifugiarsi a Brisighella)[1]».
IMMAGINE TRAGITTO
Tragitto del 23° Battaglione
Il romanzo storico di Roberto Bosi, La vigna di Linda, A&G 2004 racconta le vicende della decima divisione indiana sulle colline di Faenza durante la battaglia per la liberazione della città.
Ricerche a cura di Greta Bertapelle, Jacopo Falconieri, Gianmarco Frassineti.
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[1]Enzo Casadio e Massimo Valli, I Sikh a Faenza in 2001 Romagna #142,Tipografia Faentina Editrice, Faenza 2014, p. 62
[2]Giovanni Collina Graziani, Faenza nel baratro. 8 settembre 1943 - 29 giugno 1945, Tipografia Faentina, Faenza 1989, in un appunto datato 19 dicembre 1944, p. 61
[3]Enzo Casadio e Massimo Valli, I tedeschi a Pideura in Gino Bertoni, Giuliano Bettoli, Enzo Casadio et al., 1943 – 1946 Faenza dall’armistizio alla Repubblica, Stefano Casanova Editore, Faenza 1996, p. 69
[4] Enzo Casadio e Massimo Valli, I tedeschi a Pideura in Gino Bertoni, Giuliano Bettoli, Enzo Casadio et al., 1943 – 1946 Faenza dall’armistizio alla Repubblica, Stefano Casanova Editore, Faenza 1996, p. 69
[5]Nel saggio di Enzo Casadio e Massimo Valli, I tedeschi a Pideura in Gino Bertoni, Giuliano Bettoli, Enzo Casadio et al., 1943 – 1946 Faenza dall’armistizio alla Repubblica, Stefano Casanova Editore, Faenza 1996, vengono raccontati, attraverso le testimonianze di alcuni reduci, numerosi attacchi portati nella zona di Pideura..
[6]Enzo Casadio e Massimo Valli, I Sikh a Faenza in 2001 Romagna #142, pp. 62-63
[7]Il diario di Michelina Pasini. Brisighella 1944-1948 (a cura di Marco Serena ed Elena Stefanelli), ISREC Ravenna 2021, notazione datata 12 dicembre, p. 82
[8] Giovanni Collina Graziani, Faenza nel baratro. 8 settembre 1943 - 29 giugno 1945, Tipografia Faentina, Faenza 1989, p.59-60.
[9]Ettore Foschi, La battaglia della Pideura. Primi di dicembre, in 2001 Romagna #151, p. 158.
[10] Enzo Casadio e Massimo Valli, La battaglia di Faenza. Immagini e vicende di guerra tra il 1944 e il 1945, Bacchilega Editore, Imola 2004, pp. 64-65
[11]Don Scolastico Berardi, Giorni di guerra a Pergola, pp. 48-49 in Giuliano Bettoli et al. (a cura di), Faenza 1944. Quei giorni di fuoco e di morte. Diari e testimonianze, Tipografia faentina editrice, Faenza 2015.