Casa Bianca e Maori
Dal 14 al 16 dicembre dell'anno 1944
Via Celle 16, a “Casa Bianca”
La Casa Bianca come è oggi
Gli Eventi
Il contesto
I neozelandesi, dopo i bombardamenti del giorno precedente, iniziarono l’avanzata verso Celle il 15 dicembre 1944 per conquistare il ponte sul fiume Senio lungo la Via Emilia.
Come diversivo la 56ª Divisione simulò un attraversamento del Lamone nei pressi di Ronco.
I neozelandesi sarebbero dovuti partire dalle Bocche dei Canali che i maori chiamavano Ruatoria. La battaglia si svolse verso la linea tedesca di Celle con colpi di mortai e artiglieria.
I Maori del 28° Battaglione dovevano liberare l'area, di forma triangolare, che aveva come vertice le Bocche dei Canali, delimitata, a destra, dalla ferrovia per Brisighella e, a sinistra, da via Ospitalacci. Dall'alto della torre della Villa San Prospero il comandante del battaglione aveva studiato il terreno sul quale i suoi uomini avrebbero dovuto avanzare[1].
Il terreno molle rendeva difficile l'avanzata dei carri armati; di conseguenza i Maori procedevano per i campi riparandosi tra i fossi e gli alberi dei filari[1].
Gli scontri
All’ 1:30 del Mattino del 15 dicembre la compagnia D del 28° Battaglione avanzò verso Villa Palermo e, successivamente, un plotone raggiunse Casa Bianca alle 2.30. Durante il combattimento morirono molti soldati tedeschi e circa 15 vennero fatti prigionieri.
L’arrivo di alcuni mezzi corazzati tedeschi costrinse i maori (privi di armi anticarro) ad abbandonare Casa Bianca per ritirarsi verso Villa Palermo, evacuando i loro feriti. I combattenti neozelandesi, inferiori per numero ai loro prigionieri, per paura di essere sopraffatti, uccisero i tedeschi nell’aia di Casa Bianca.
I Maori tornarono all’attacco nei giorni successivi e, nella notte tra il 16 e 17 dicembre, raggiunsero la Via Emilia.
Tanti modi di raccontare un unico evento
Di seguito sono inserite varie ricostruzioni di quegli eventi raccontati da giornalisti e storici neozelandesi.
Bayonet Charge è un articolo pubblicato sull’Evening Post il 17 dicembre 1944 in cui si raccontano le vicende legate a Casa Bianca (senza mai nominarla):
«Un'impresa notevole fu quella del sergente C. Batchelor, Waimate, che, dopo aver preso il comando del suo plotone quando il suo ufficiale fu ferito, si stava trasferendo con quattro uomini a una conferenza dei comandanti, ma il gruppo arrivò nella casa sbagliata. Entrando, trovarono circa 30 tedeschi e aprirono il fuoco su di loro.
Il sergente Batchelor e un tedesco hanno sparato, il tedesco è caduto. Gli altri si arresero e i cinque neozelandesi fecero uscire 19 prigionieri, lasciando cinque tedeschi morti.[1]».
Lo storico Robin L. Kay tace di fatto l’uccisione dei prigionieri, raccontando in questo modo i fatti:
Durante l’attacco «Almeno 20 o 30 tedeschi furono uccisi a Casa Bianca.Si sentivano i carri armati tedeschi muoversi lungo la Route 9 (via Emilia), e in seguito alcuni di loro sembravano in procinto di contrattaccare da un incrocio stradale a circa mezzo miglio a nord-est di Casa Bianca. Nonostante il fuoco di copertura dei cannoni medi, pesanti e di quelli da campo, i Maori, rimasero a Casa Bianca isolati, senza l’appoggio di carri armati e di cannoni anticarro. Furono costretti a ritirarsi a Villa Palermo quando il nemico contrattaccò[2]».
Infine, nel saggio di Joseph F. Cody sul 28° Battaglione Maori, vi è un accenno all’attacco sferrato la sera del 14 dicembre.
Il 16° ed il 12° plotone della Compagnia D si diressero verso Casa Bianca
«E, dopo un breve scontro a fuoco, Casa Bianca fu presa senza vittime. Diciotto tedeschi che si arresero furono rinchiusi in soggiorno
Il soldato Scia Scia visse momenti emozionanti. Stava perlustrando dei pagliai vicino alla casa quando è caduto in una fossa di armi che era già occupata da un grosso tedesco che lo afferrò alle spalle. Scia Scia si appoggiò all'avversario e, colpendolo in testa con l'elmo d'acciaio, costrinse il tedesco a lasciare la presa. Quando Scia Scia ebbe finito con lui era morto. I membri del 12° plotone, sistemati in una casa indifesa vicino a Casa Bianca, sentirono grida di aiuto e trovarono diversi nemici feriti in uno scarico[3]».
Un'immagine famosa
Tra le foto più rappresentative della battaglia di Faenza vi è quella del Carro armato colpito vicino a Casa Bianca [Foto]. La dinamica di quell’evento è riportata nel saggio di Cody, dedicato al 28° Battaglione:
«Il soldato Paraki si mosse con calma e salì sul carro armato, bussò al portello d'acciaio e, quando si aprì abbastanza, fece cadere una granata all'interno. Seguì un'esplosione, ma a quanto pare l'autista è sopravvissuto perché il carro armato si è tirato indietro come un toro ferito. Il Maori balzò via prima di finire in un fosso, si alzò e scappò a gran velocità. Quasi subito è arrivato un altro carro armato, questa volta dalla strada di collegamento con la Route 9 (via Emilia). Il tenente Huata ha puntato contro il carro armato un bazooka, ma le bombe non sono riuscite a trovare un punto vitale e il carro armato si è allontanato nella direzione da cui era venuto. Finora le uniche vittime sono state Paraki, con una mano sfiorata dal portello del carro armato, e un altro Maori, che assisteva con il bazooka, i cui pantaloni erano stati bruciati dall'esplosione[1]».
Il racconto dei testimoni
Tra le varie testimonianze relative a questi fatti citiamo quella di Tamburini Mario, residente a Casa Bianca al tempo dei fatti:
«Il primo incontro tra il sig. Tamburini e un militare alleato avvenne la notte del 14 dicembre 1944, alle ore 20 circa. Il militare era un ufficiale della Compagnia D del 28^ Battaglione Maori.
Quella sera, la famiglia Tamburini si trovava nel rifugio costruito in un pagliaio adiacente alla casa dei vicini, chiamata "Casa Nuova". Verso le ore 20, un soldato si avvicinò all'ingresso del rifugio dicendo: "Kameraden?". Dall'interno Mario rispose "Nicht Kameraden", ma la cugina, che si trovava sulla soglia, ribatté: "Non parlare in tedesco, questo è un soldato di colore". Mario si avvicinò e chiese di che nazionalità fosse e il soldato rispose mostrando lo stemma della Nuova Zelanda che aveva attaccato al giubbotto. Fuori c'erano anche altri soldati alleati. Il neozelandese chiese se a "Casa Bianca" ci fossero dei tedeschi. Fuori si sentirono degli spari e, mentre il soldato Maori impediva loro di uscire dal rifugio, Mario chiese se "Casa Bianca" stesse bruciando. I soldati alleati avevano infatti lanciato granate incendiarie sui pagliai che si trovavano nelle zone circostanti. Prima di allontanarsi col resto della compagnia, uno dei soldati neozelandesi salutò dicendo "Buonanotte, amigo. Domani Faenza sarà liberata." Poco tempo dopo che i soldati Maori si erano allontanati, arrivarono due soldati tedeschi, che si rifugiarono nel pagliaio insieme ai Tamburini.
La mattina seguente (15 dicembre), i neozelandesi spararono delle granate incendiarie anche sul pagliaio di "Casa Nuova"; Mario, la sua famiglia, i 2 vicini e i 2 soldati tedeschi si spostarono in un altro rifugio nel capannone di "Casa Bianca", in una buca provocata dallo scoppio di una granata.
I tedeschi avevano posteggiato un carro armato davanti "Casa Nuova" (presumibilmente perché avevano finito le munizioni): il carro armato venne incendiato da 3 granate perforanti lanciate dai soldati neozelandesi, che si trovavano a "Villa Palermo". I combattimenti continuarono poi con raffiche di mitragliatrici. Alcuni colpi vennero sparati anche su "Casa Bianca", allora Mario gridò "Civili, civili!"; i colpi cessarono e la famiglia uscì dal rifugio. I due tedeschi, sfruttando l'occasione, si allontanarono senza essere visti verso la Via Emilia.
I Tamburini cercarono di rientrare in casa, ma i soldati neozelandesi avevano chiuso le porte. Il primo che riuscì ad entrare fu Angelo, che aveva trovato la porta sul retro aperta. Davanti alla porta d'ingresso, erano ammucchiati i cadaveri di 14 soldati tedeschi. I soldati tedeschi si erano arresi ed erano stati fatti prigionieri, ma i Maori, sia perché non avevano personale sufficiente per accompagnarli nelle retrovie alleate, sia perché qualche tempo prima alcuni tedeschi avevano assassinato due loro ufficiali nel riminese senza alcun apparente motivo, decisero di uccidere i prigionieri. Furono inoltre trovati altri 5 cadaveri di soldati tedeschi: 2 nel giardino vicino alla strada, uno oltre l'incrocio - in direzione di Castel Bolognese - e 2 carbonizzati in un pagliaio. I Tamburini passarono la notte in casa, ma non riuscirono a dormire per la paura: tedeschi e alleati stavano ancora combattendo.
La mattina seguente (16 dicembre) si trasferirono in una casa vicina, nella quale non trovarono tedeschi. Tornarono poi a "Casa Bianca", dove c'erano ancora i soldati Maori e alcuni carri armati. I soldati alleati restarono lì ancora per circa 5 giorni. Mario, Angelo e Pietro ebbero il compito di seppellire i corpi dei tedeschi: li misero in un vecchio rifugio inutilizzato[1]».
Un’altra testimonianza è quella riportata da Perondi:
«Arrivano da Celle, dov’erano sfollati, i Gualdrini e altri amici dell’Oratorio, i quali hanno un mucchio di cose da dire. Riferiscono in particolare che in quella zona ci saranno stati circa duecento morti tra i militari e cinquecento prigionieri, tutti tedeschi.
Anzi si dice che gli Inglesi, per rappresaglia contro i tedeschi che avrebbero ucciso dei loro prigionieri, a loro volta avrebbero ucciso dei tedeschi che si erano arresi, invece di farli prigionieri[2]».
Ricerche a cura di Piani Sara Sofia, Tura Filippo, Castellani Alessia, Belinelli Alessandro (classe 4B).
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[1]Enzo Casadio e Massimo Valli, La battaglia di Faenza. Immagini e vicende di guerra tra il 1944 e il 1945, Bacchilega Editore, Imola 2004, p. 61.
[2]Enzo Casadio e Massimo Valli, La battaglia di Faenza. Immagini e vicende di guerra tra il 1944 e il 1945, Bacchilega Editore, Imola 2004, p. 62.
[3]L’articolo originale è apparso sull’Evening Post datato 20 December 1944, p. 7 e ha per titolo BAYONET CHARGE. La rivista è conservata presso l’Alexander Turnbull Library, Wellington, New Zealand ed è consultabile qui:https://paperspast.natlib.govt.nz/newspapers/EP19441220.2.44.31 . La traduzione è curata da Sara Sofia Piani.
[4]Robin Kay, Italy Vol II: From Cassino to Trieste, Historical Pubblications, Branch, Wellington 1967, p. 314. Il saggio può essere letto qui: http://nzetc.victoria.ac.nz/tm/scholarly/tei-WH2-2Ita-c7-2.html . . La traduzione è curata da Sara Sofia Piani.
[5]Joseph F. Cody, 28 Maori Battalion, Historical Publications Branch, Wellington 1956, pp. 439-440 ed è consultabile qui: https://nzetc.victoria.ac.nz/tm/scholarly/tei-WH2Maor-c17.html . La traduzione è curata da Sara Sofia Piani.
[6]Joseph F. Cody, 28 Maori Battalion, Historical Publications Branch, Wellington 1956, p. 440 ed è consultabile qui: https://nzetc.victoria.ac.nz/tm/scholarly/tei-WH2Maor-c17.html . La traduzione è curata da Sara Sofia Piani.
[7]La testimonianza di Mario Tamburini è stata raccolta dagli studenti del Liceo Torricelli di Faenza ed è consultabile qui: https://www.liceotorricelli.it/Laboratorio%20di%20storia/Fascismo/s04/maoritamburini.htm
[8] Antonio Perondi, 1944-1945. I salesiani di Faenza nel turbine della guerra, a cura della Banca Popolare di Faenza, Litografica Faenza 1983, p. 138 e seguenti, nel diario gli eventi vengono appuntati il 20 dicembre, quindi pochi giorno dopo i fatti.