Rappresaglie indiscriminate ed esecuzioni mirate, rastrellamenti e deportazioni, torture e corpi senza vita esibiti come minaccia per la popolazione: nella pianura a nord di Bologna, tedeschi e fascisti usarono sistematicamente i metodi della guerra antipartigiana già utilizzati nei territori stranieri occupati durante il secondo conflitto mondiale.
Nella zona, la Resistenza di matrice prevalentemente comunista schierò gappisti e sappisti, votati all'azione militare i primi, al lavoro politico e al sabotaggio i secondi. La popolazione civile, in buona parte, manifestò aperta ostilità verso la Rsi e appoggiò i partigiani, permettendo loro di mimetizzarsi nonostante l'assenza di nascondigli naturali. Tedeschi e fascisti agirono quindi con la consapevolezza di trovarsi in territorio ostile: non interessava il consenso, ma l'ordine assoluto dietro la linea del fronte. Le milizie fasciste, escluse dalle operazioni militari più importanti dell'alleato, furono impiegate nella caccia serrata al nemico interno. Quando le unità naziste e della Rsi abbandonarono la pianura bolognese ormai sconfitte, lasciarono dietro di sè comunità lacerate da lutti, rancori e sospetti.
La Liberazione, così, non coincise con la pacificazione.
Mezzo consigliato: bicicletta