Il 4 maggio 1944, a pochi chilometri da Bardi, Giordano Cavestro, partigiano “Mirko”, venne fucilato a soli 19 anni per rappresaglia. Poche settimane prima era stato catturato in montagna da un reparto tedesco con il resto della sua formazione, il distaccamento garibaldino “Enrico Griffith”.
Due suoi amici e compagni di lotta trovarono un modo originale per ricordarlo. Trascorsi alcuni mesi si recarono nell'odiata e temuta Via Walter Branchi, dove vi erano le sedi del Partito Fascista Repubblicano e della Brigata nera, e scrissero sotto la targa che recava il nome della via con la vernice rossa “via Giordano Cavestro”. Fu un atto di ribellione, un estremo ricordo e un visibile avvertimento alle autorità fasciste. Fu un gesto talmente sentito che dopo la Liberazione quella via rimase intitolata al giovane partigiano fucilato.
Quella stessa strada, il luogo più “nero” della città, fu lo scenario di un'altra Resistenza. Oreste Battioni, vicino al movimento antifascista, dall'ultimo piano del palazzo dove lavorava di fronte alla sede del PRR, fotografò per più giorni chi entrava e usciva con l'obiettivo di individuare i volti di infiltrati e spie che potevano mettere in pericolo l'organizzazione clandestina.
Testimonianza di Soemo Alfieri