La bolla papale del 1555 “Cum nimis absurdum” di Papa Paolo IV Carafa impose agli ebrei la segregazione, l’impossibilità di possedere immobili ed il marchio infamante (come la rotella gialla sul mantello).
I Consigli Generali Segreti del comune di Forlì, nella seduta del 28 dicembre 1555, ipotizzarono di conseguenza una ghettizzazione degli ebrei, o quanto meno un loro spostamento in un’altra zona della città. Venne scelta una “stratam” che il popolo chiamava Calcavinazza, facente parte della contrada Sant’Antonio Grande (confinante con la contrada Burgimerlonum). Essa comprendeva le attuali vie Sant’Antonio Vecchio, Primavera e Campostrino. Gli ebrei si opposero, ma alla fine dovettero trasferirsi.
Il ghetto, fosse reale o semplicemente percepito come tale dalla popolazione, venne così realizzato. Nel 1593 la bolla papale di Clemente VIII sancì l’espulsione degli ebrei ma in realtà, come attestano vari documenti, a Forlì la presenza ebraica proseguì.