Quattro sono i sistemi che i tedeschi adottano per incettare manodopera: la propaganda per l'adesione volontaria, le precettazioni, la selezione nelle prigioni, i rastrellamenti.
La città si copre di manifesti che invitano ad aderire volontariamente, rivolgendosi ai Sindacati fascisti, come quello in Via Beverora 25.
Nell'estate del '44 la Militärkommandantur 1008 lamenta la mancanza di quasi 6.000 uomini che le province di Piacenza, Parma e Reggio “devono fornire” per i bisogni del Reich. Vengono così realizzati tra luglio e agosto i tre rastrellamenti, nome in codice “Wallenstein” sull'Appennino tosco-emiliano. I soldati della “Flak” – la contraerea tedesca – e delle SS, con contingenti italiani della X Mas (circa 5-6.000 uomini) hanno il compito di prelevare “l’intera popolazione maschile tra i 18 e i 55 anni”.
I 3.699 rastrellati saranno impiegati nella Todt e nelle ditte italiane di interesse strategico per il programma Göring e nei campi di lavoro tedeschi.
Dei circa 300 piacentini inviati al lavoro coatto, ci è rimasta la cruda testimonianza di Luigi Poggioli, uno studente di Farini d'Olmo dell'istituto Romagnosi, deportato a 17 anni nel lager di Kahla in Turingia con 14 compaesani, 5 dei quali non tornarono.