Era, fin da epoca napolenica, il carcere della città. Nel periodo dell’occupazione tedesca vi sono rinchiusi detenuti comuni, ma anche ebrei e antifascisti. Il carcere utilizzato dall’Aussenkommando Bologna ha un’area di competenza regionale, ragione per cui a San Giovanni in Monte affluiscono numerosi detenuti politici anche dalle province di Modena, Ferrara, Ravenna e Forlì.
Per molti di loro il passaggio al carcere di Bologna rappresenta la condanna definitiva e senza appello: tra l’inverno 1943 e l’autunno 1944 i carcerati furono uccisi soprattutto al Poligono di tiro e in Piazza Nettuno, mentre tra l’inverno 1944 e la primavera 1945 essi furono oggetto di segreta eliminazione da parte delle SS negli eccidi di Sabbiuno di Paderno e San Ruffillo.
Parallelamente, altre centinaia e centinaia di detenuti furono inviati nei lager di transito di Fossoli e Bolzano, anticamera alla deportazione nei Konzentrationslager di Mauthausen e Gusen, Flossenbürg, Dachau, Ravensbrück, o all’impiego nel lavoro coatto per l’industria bellica del Terzo Reich. Complessivamente fra l’8 settembre 1943 e la Liberazione, dalle celle e dai “cameroni” di San Giovanni in Monte transitarono oltre 7.000 fra detenuti e detenute, sotto autorità sia italiana che tedesca. Per la maggior parte si trattava di prigionieri “politici”: partigiani, antifascisti, operai scioperanti, ma anche renitenti al servizio militare e del lavoro, ex-militari, o semplici civili rastrellati. Nello stesso periodo il carcere bolognese funzionò anche come luogo di transito per prigionieri di guerra alleati e russi, e per internati ex-jugoslavi.
Tra l’autunno 1943 e l’estate 1944 inoltre servì come luogo di concentramento per gli ebrei destinati allo sterminio, membri della comunità israelitica locale o ebrei stranieri in fuga dalla persecuzione razziale in atto nei paesi di origine. Incarcerati sia sotto autorità tedesca che italiana, venivano periodicamente trasferiti – in genere con agenti italiani di Ps – al campo di concentramento di Fossoli, da dove poi erano caricati sui convogli diretti ad Auschwitz. Complessivamente furono quasi un centinaio gli ebrei deportati a partire da San Giovanni in Monte.
Da ricordare l’audace intervento di un nucleo di partigiani della 7a Gap che il 9 agosto 1944, immobilizzando il corpo di guardia, favorirono l’evasione di gran parte dei prigionieri della sezione maschile.