Meno rispettoso nei confronti dell'opposta chiesa francescana è senza dubbio l'imponente Palazzo INA con i suoi quattro piani di uffici e appartamenti. Approvato nell'aprile del 1936, appena un mese prima della proclamazione dell'Impero, su progetto di massima del Soprintendente veneto Alessandro Forlati e dell'ingegnere Giuseppe Machin per la parte strutturale, fu velocemente terminato nell'estate del 1937, a riprova della profonda intesa tra grandi interessi finanziari e il gruppo dirigente del Fascio ravennate. Contemporaneamente prendeva corpo a pochi metri, e sulla stessa via, anche l'omologo Palazzo delle Assicurazioni Generali opera dell'architetto Matteo Focaccia. L'ampio porticato ad archi alterni rivestiti di travertino, e la quota inusuale raggiunta dalle due costruzioni, saturavano l'intero spazio compreso fra le vie Guidone e la strada parallela appena dedicata a Corrado Ricci, espellendo dal centro cittadino numerose abitazioni popolari, i cui abitanti potevano non riconoscersi nell'ambiziosa politica del fascismo. Per portare a termine i due progetti e consolidare quel terreno, ove anticamente scorreva il fiume Padenna, furono infissi ben 850 grandi pali di pino, per una profondità di 4 metri. Ancora oggi questo isolato rappresenta il punto di massima discontinuità urbana tra l'antica piazza veneziana e le più recenti opere del regime.