Nel censimento dell’agosto 1938 viene censita come ebrea Gemma Jacchia (Cesena, 5 marzo 1888), pensionata, di cittadinanza italiana e religione israelitica, sposata con Giuseppe Lasagni (Gatteo, 20 marzo 1887), impiegato, di cittadinanza italiana e religione cattolica. Del nucleo famigliare fanno parte anche i sei figli, tutti di cittadinanza italiana, iscritti al PNF, di religione cattolica, e residenti in via Montalti n. 3. La loro, dunque, è una «famiglia mista».
Il 27 dicembre 1943, come richiesto dai provvedimenti razzisti della RSI, la succursale cesenate del Credito Romagnolo comunicò alla prefettura che nell’elenco dei crediti appartenenti a nominativi di razza ebraica c’era quello di Jacchia Gemma fu Moisé: un libretto di risparmio con £ 7,45 - che le venne sequestrato.
Lei invece si sottrasse al rischio di un arresto rifugiandosi fino al passaggio del fronte presso il convento dell’«Osservanza» (con il figlio Fausto) nascosta dai frati insieme ad altri sfollati. Qui la donna trascorse diversi mesi completamente “segregata”, senza mai uscire, occupando l’angusto spazio delle “catacombe” e avendo per letto i vani di vecchie tombe vuote, dove i frati avevano collocato dei giacigli di fortuna.