Baganzola, antico Torrione in località Cervara

Percorsi extraurbani / La Resistenza nella Bassa parmense: Baganzola, Torrile e Colorno

Baganzola, antico Torrione in località Cervara

Str. Chiesa di Baganzola, n. 11 (Baganzola)

Nei primi giorni di aprile 1945, i partigiani inquadrati nel Distaccamento Po, composto in prevalenza da mezzanesi e sorbolesi, intensificarono le azioni in pianura e, dopo aver attaccato con successo il presidio della Brigata Nera a Casale di Mezzani, decisero di tentare la medesima impresa a Baganzola. Qui la Brigata Nera si era insediata in un antico Torrione in località Cervara, già caserma dei carabinieri.

In otto, armati di armi leggere, bombe a mano e un bazooka, affrontando una lunga marcia di circa 40 Km., da Beduzzo scesero a Baganzola, percorrendo strade secondarie per evitare i numerosi posti di blocco. Erano Lino Gelmini (“Pellico”), William Farina (“Cola”), Valdo Faveri (“Paulus”), Angelo Malpetti (“Tiberio”), Enzo Trevisani (“Elvo”), Ottaviano Cantoni (“Bixio”), Italo Rossi (“Cadorna”) e Sincero Chiozzi (“Beck”), quest'ultimo originario proprio di Cervara.

Il gruppo arrivò a Baganzola che era ancora buio e trascorse le ore del giorno nascosto presso amici fidati di “Beck”. Un informatore del posto li avvertì che in serata alcuni brigatisti si sarebbero recati a Viarolo, a 6 Km. di distanza, per ritirare una vettura che avevano requisito ad un agricoltore di quella frazione. I partigiani decisero allora di dividersi in due gruppi: il primo, guidato da “Beck”, si appostò sulla strada che portava al cimitero per sorprendere la pattuglia fascista di ritorno da Viarolo, mentre il secondo, con a capo “Pellico”, prese posizione attorno al Torrione, in attesa di ricevere dai compagni il segnale per aprire il fuoco.

Ma le cose andarono diversamente da come avevano pianificato. La vettura requisita dai fascisti arrivò trainata da due cavalli tenuti a mano da due conducenti civili e scortata da un furgone e da alcuni brigatisti in bicicletta. Quando i partigiani appostati aprirono il fuoco per farli arrendere, i cavalli si spaventarono e scapparono per i campi, così come i militi che, approfittando della confusione e del buio, buttarono le armi e si gettarono in un canale vicino. Intanto, al rumore degli spari, il secondo gruppo attaccò il presidio asserragliato nel Torrione. Con il bazooka cercò di buttare giù il portone di ingresso, ma il colpo andò a vuoto e l'effetto sorpresa fallì. I fascisti erano ormai in allarme e dalle finestre del secondo piano lanciarono contro i partigiani una pioggia di proiettili e bombe a mano, costringendoli a riparare nella vicina chiesa. Raggiunti intanto anche dai compagni del primo gruppo, i partigiani cercarono di rispondere al fuoco, centrando una delle finestre con alcune granate, ma il Torrione era inespugnabile e furono, infine, costretti a rinunciare all'impresa. Riuscirono, però, a prelevare dal deposito fascista un carretto con cavallo, una motocicletta militare e alcune armi e, all'una di notte, seguiti da alcuni patrioti di Cervara che avevano deciso di unirsi alla loro formazione, si misero in marcia per tornare sui monti prima che facesse giorno.

Un paio di giorni più tardi vennero informati da una staffetta che, in seguito al loro attacco, il comandante della Brigata Nera era stato ferito nell'imboscata sulla strada e il giorno seguente tutti i brigatisti del presidio erano scappati, abbandonando il Torrione.

Testimonianza Ottaviano Cantoni


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